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17 dicembre 2022

IV Avvento

 

 

COMMENTO LETTURE

IV DOMENICA DI AVVENTO

(Don Dolindo Ruotolo)


EPISTOLA

    1Cor 4,1-5: Ognuno ci riguardi come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ciò che poi si ricerca negli amministratori è che siano trovati fedeli. A me poi importa pochissimo di essere giudicato da voi, o da un tribunale di uomini, anzi nemmeno giudico me stesso. Poiché anche se non ho coscienza di nulla, non per questo sono giustificato, e chi mi giudica è il Signore. Perciò non vogliate giudicare nulla prima del tempo, finché non venga il Signore, il quale rischiarerà gli occulti segreti e farà conoscere i disegni dei cuori, e ciascuno avrà la sua lode da Dio.
 
    Dopo aver detto nel capitolo precedente che nessuno deve gloriarsi dei predicatori, quasi fossero essi i salvatori delle anime, san Paolo determina la vera posizione di questi predicatori innanzi a Dio, compreso lui stesso, dicendo: Ognuno ci riguardi come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio; ministri nell'insegnamento e nel guidare al bene con l'autorità avuta dal Signore, amministratori nel dispensare i misteri di Dio, cioè la Parola di Dio, i Sacramenti e tutte le altre ricchezze spirituali meritateci da Gesù Cristo.
    Un amministratore o economo di un padrone non deve avere grandi doti di scienza; per lui è importante che sia fedele al padrone sia nell'amministrare che nel dispensare i suoi doni. Non è quindi il caso di dividersi in partiti per le doti di questo o di quel predicatore poiché essi, come ministri e amministratori di Gesù Cristo, valgono solo se sono fedeli, e non se sono eloquenti; il giudizio, poi, di questa fedeltà non possono darlo gli uomini, e tanto meno può darlo colui che dev'essere giudicato, ma solo Gesù Cristo, come solo il padrone può valutare la fedeltà d'un suo economo.
    Egli [san Paolo], in realtà, non ha coscienza di nulla, e sa di aver fatto di tutto per compiere il suo dovere, ma non per questo si crede giustificato, ossia perfetto e fedele, perché sa bene che colui che deve giudicarlo è il Signore, al cui sguardo divino nulla sfugge, anche delle cose più occulte. Se infatti egli non osa neppure giudicare se stesso nel segreto della sua coscienza, che pure parla a ciascuna creatura, come possono i Corinzi presumere di dare essi un giudizio sui ministri di Gesù Cristo schierandosi per l'uno o per l'altro in conseguenza di questo giudizio? Perciò - soggiunge l'Apostolo - non vogliate giudicare di nulla prima del tempo del Giudizio universale. [...]
Molto interessante e attuale anche il commento ai versetti seguenti:
    San Paolo soggiunge che quello che ha detto lo ha applicato in figura a sé e ad Apollo [...] per dare un esempio pratico ad istruzione di tutti, benché né lui né Apollo in realtà avessero avuto la presunzione di essere altro che ministri e dispensatori di Gesù Cristo e, quindi, benché essi non avessero col loro modo di agire dato occasione ai Corinzi di giudicarli come capi partiti o come causa di dissensioni. Egli parla di sé e di Apollo in figura, per parlare di altri che non nomina per non suscitare reazioni pericolose, e parla perché tutti imparino quel detto rabbinico: Non oltre ciò che sta scritto, cioè non pensare e non operare oltre i limiti della Sacra Scrittura né presumere quindi di formare a proprio capriccio nuovi sistemi di dottrina e di vita, affinché nessuno si gonfi di orgoglio a favore dell'uno e a detrimento dell'altro, cioè affinché non si formino quei partiti e quelle scuole particolari che rendono fanatici i loro seguaci a detrimento degli altri con i quali sono in opposizione.
    [...] se si considerassero come semplici ministri di Gesù Cristo e amministratori dei misteri di Dio, non si gonfierebbero di orgoglio contro gli altri, quasi che essi soli fossero maestri, competenti, scienziati, e gli altri fossero deficienti, incapaci ed ignoranti. Essi si arrogano un diritto di giudici, valutano gli altri alla luce delle loro idee, si gonfiano di orgoglio, si gloriano della loro fama, magari anche vera se si vuole, e se ne gloriano a detrimento degli altri, dividendo così le forze della Chiesa, e dando agio ai suoi nemici di prendere il sopravvento su di essa.
    Questo tristissimo spirito di monopolismo orgoglioso è causa di intrighi, di maneggi, di politicantesimo, di doppiezze, di falsità e di calunnie, e non raramente di veri e delittuosi soprusi a danno degli altri che pur sono capaci di operare il bene. 
 
 
 
 VANGELO
 
    Lc 3,1-6: Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, essendo Ponzio Pilato procuratore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, Filippo suo fratello tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilène, sotto i pontefici Anna e Caifa, la parola di Dio si fece udire a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli andò per tutta la regione del Giordano, predicando il battesimo della penitenza per la remissione dei peccati, come sta scritto nel libro dei discorsi del profeta Isaia:

Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri. 
 Ogni valle sarà colmata,
ogni monte e ogni collina si abbasserà;
le vie tortuose saranno diritte,
le scabre diverranno piane 
 e ogni uomo vedrà la salvezza di Dio.
 
 San Luca, da storico accurato qual è, prima di parlare dell'apostolato di san Giovanni Battista accenna alla situazione politica della Palestina, cioè a quelli che la governavano e ai sommi sacerdoti che la reggevano nella parte religiosa. Non è a caso che lo Spirito Santo glielo fa fare, perché i governanti stranieri e il sommo sacerdozio, assoggettato alla politica e decaduto fino al punto da essere dominato da principi pagani e da essere esautorato a loro piacere, dimostravano la pienezza dei tempi predetti per la venuta del Messia, ossia la completa rovina del regno di Giuda. [...]
    Questa, dunque, era la posizione religiosa e politica della Palestina quando la voce di Dio si fece sentire con una particolare rivelazione a san Giovanni, figlio di Zaccaria, che abitava nel deserto di Giuda, conducendovi una vita di penitenza e di preghiera.
    Il Signore gli parlò nell'interno del cuore, lo spinse con la sua grazia ad affrontare coraggiosamente il popolo e diede efficacia alle sue parole per conquistarlo. Da circa 400 anni non si vedeva un Profeta in Israele e l'improvvisa comparsa di Giovanni, appena vestito di un ruvido manto di peli di cammello e di una cintura di cuoio, fece un'impressione profondissima.
    La sua voce sembrava un grido d'oltretomba, [...] egli era come un essere trasfigurato che s'imponeva con la sola sua presenza. La grazia di Dio, poi, soprattutto, gli dava un tono penetrante di autorità che conquistava i cuori e paralizzava, per così dire, gli empi e i potenti che avrebbero potuto impedire il suo apostolato. Nessuno gli si opponeva, anche quando lo subiva a malincuore e avrebbe voluto eliminarlo.
    È questo il carattere delle grandi manifestazioni divine sulla terra poiché, quando Dio vuole, si fa sentire attraverso quelli che elegge e agisce da padrone.
    Giovanni andò per tutta la regione del Giordano, dove poteva trovare acque abbondanti, e predicò la penitenza, iniziandovi quelli che gli credevano con un battesimo, cioè con una lavanda, simbolo e spinta alla purificazione interna, l'unica che poteva preparare il cuore alla venuta del Redentore. [...]
    San Giovanni, [...] quindi, compiva nelle anime, deserte di grazia e di virtù, il vaticinio di Isaia (40,4-5) che il Sacro Testo cita a senso dalla versione dei Settanta. 
 
 
 

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