30 settembre 2022

LUISA PICCARRETA (1865-1947) 3

 

 

SCRITTI DELLA PICCARRETA CONSIGLIABILI?

  (terza parte)



    Nei due post precedenti ci siamo limitati ad offrire soltanto, per così dire, una critica motivata al quadro di fondo offerto dalla Piccarreta. Se però volessimo presentare tutte le problematiche teologiche incontrate, allora occorrerebbe scrivere un volume.
    
    Ora, giusto per cominciare a darne un’idea, analizziamo come la Piccarreta parla di Dio e del suo amore in due brani tratti dai volumi Libri di Cielo.

VOLUME 4°


    [31 dicembre 1902] E Lui: “[…] se tu potessi entrare nel mio interno vedresti con chiarezza in tutte le mie parti l’amore distinto verso di te, e alcune volte ti amo tanto, che giungo ad amarti quanto amo Me stesso, sebbene alcune volte non posso vederti e mi sei nauseante”. […]
    Il motivo è che “siccome occupi lo stato di vittima, il tuo esterno comparisce innanzi alla divina giustizia coperto delle colpe altrui: ecco perché ti ho detto quelle parole; tu però quietati, ché ti amo sempre”.


    Si potrebbero fare diverse osservazioni critiche su questo brano, ma ci limitiamo qui a mettere rapidamente a fuoco quanto abbiamo evidenziato in grassetto.
    Secondo tale rivelazione privata, l’amore di Dio sarebbe mutevole e varierebbe in base allo stato dell’anima. Ma la ragione stessa, prima ancora che la fede, ci dice che Dio non può essere soggetto a mutamento e che non può dipendere da chicchessia. «In nessun modo quindi a lui conviene il movimento» (Tommaso d’Aquino, Somma di Teologia I, q. 9, a. 1).
    Di conseguenza, Dio non può amare una cosa più intensamente di un’altra (questo possiamo farlo noi, ma non Dio!). Come lucidamente spiega san Tommaso d’Aquino: «Dio non ama una cosa più di un’altra, poiché ama tutte le cose con un solo e semplice atto della sua volontà, sempre invariabile» (Ibid. I, q. 20, a. 3).
    Che cosa significa questo?
    Significa che Dio ama con la stessa intensità una coccinella, l’arcangelo Michele e se stesso. Diversamente, non sarebbe Dio. Lo ripetiamo: Dio non può che amare tutto e tutti come ama se stesso.
    
    Si capisce, allora, quanto sia oggettivamente fuorviante il pensiero che la Piccarreta attribuisce al Signore: «alcune volte ti amo tanto, che giungo ad amarti quanto amo Me stesso». Come se l’intensità dell’amore di Dio potesse variare.

    Un tale pensiero lo ritroviamo anche una dozzina di anni dopo:


VOLUME 12°


    [17 marzo 1914] “Figlia mia, […] come rendere scontenta chi tanto Ci contenta? Come non amare −come amiamo Noi stessi, non come amiamo le altre creature− chi Ci ama col nostro stesso Amore? Con quest’anima non ci sono cortine di segreti; tra Noi ed essa non c’è «nostro» e «suo», ma tutto è comune; e ciò che Noi siamo per natura, impeccabili, santi, ecc., l’anima la rendiamo per grazia, affinché nessuna disparità ci sia tra lei e Noi”.
    

    Ora, la domanda che potrebbe giustamente sorgere è la seguente: Ma allora Dio non ama la Madonna più di noi o del demonio?
    Certo che sì, ma non dal lato dell’intensità dell’atto, perché in Dio l’amore, atto della volontà, si identifica con l’essenza divina.
    C’è anche un altro aspetto, però, sotto il quale l’amore può avere dei gradi, vale a dire «dal lato del bene che noi vogliamo a qualcuno: per cui diciamo di amare di più colui al quale vogliamo un bene più grande» (Tommaso d’Aquino, Somma Contro i Gentili I, c. 91). «E in questa seconda maniera bisogna dire che Dio ama alcune cose più di altre» (Id.Somma di Teologia I, q. 20, a. 3).
    Pertanto, il maggiore o minore amore di Dio per qualcuno si ha dal lato del bene comunicato.

    In base a quanto si è detto, una considerazione che possiamo fare è che tutte le creature, per il solo fatto di esistere, sono amate da Dio. Se non fossero amate, infatti, non esisterebbero.

Dice infatti la Scrittura:
    Dio, «tu ami tutte le cose esistenti
    e nulla disprezzi di quanto hai creato;
    se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata.
    Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi?
    O conservarsi se tu non l’avessi chiamata all’esistenza?
    Tu risparmi tutte le cose,
    perché tutte son tue, Signore, amante della vita»
(Sap 11,24-26).

    Una seconda considerazione, poi, è che il modo di amare di Dio è ben diverso dal nostro. Infatti, se noi non amiamo qualcosa, forse che quel qualcosa non esiste soltanto perché noi non lo amiamo? No, esiste lo stesso. Invece, se Dio non amasse qualcosa, quella cosa non esisterebbe.
    Dunque, il solo fatto che una determinata cosa esiste, dice che è amata da Dio. Il demonio esiste? Sì. E allora il demonio è amato da Dio. Cosa abbiamo letto nel libro della Sapienza? «Tu ami tutte le cose esistenti […]; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata» (Sap 11,24).


    Qual è il punto? Il punto è che mentre la nostra volontà, il nostro amore (primo moto della volontà) non causa il bene che si trova nelle cose (non è che una cosa esiste perché la amo io), «l’amore di Dio infonde e crea la bontà nelle cose» (Tommaso d’Aquino,  Somma di Teologia  I, q. 20, a. 2).
    In altre parole, se in noi c’è della bontà è perché Dio ci ama e non Dio ci ama perché in noi c’è della bontà.
    Il bene che Dio ci vuole è perciò misurato da ciò che noi siamo.


    Se abbiamo compreso questo, allora ci risulta anche chiaro che Dio non ama tutti allo stesso modo. Non ama la coccinella come ama noi e nemmeno ama noi come ama Maria di Nazaret. Essendo la bontà differente (tra la coccinella, noi e Maria di Nazaret), Dio non ama ugualmente tutte le cose, ma «ama di più le cose migliori» (Ibid. I, q. 20, a. 4). Ma non è perché sono migliori che lui le ama di più; è il contrario, proprio perché le ama di più esse sono migliori. È lui la causa della bontà!


    Riepilogando, «per Dio amare di più un essere non vuol dire altro che dare a quest’essere un bene più grande [nel caso di Maria addirittura essere la Madre di Dio], essendo la volontà di Dio la causa della bontà nelle cose.
    Per cui vi sono delle cose migliori proprio perché Dio vuole ad esse un bene maggiore». E in questo senso si dice che le ama di più.


    E chi sarà il più amato di tutti?
    Il più amato di tutti non può che essere… Cristo. «Dio ama Cristo non solo più di tutto il genere umano, ma anche più dell’universo intero: appunto perché gli ha voluto un bene più grande, dal momento che gli diede il nome che è al di sopra di ogni altro nome [Fil 2,9], in modo che fosse vero Dio» (Ibid. I, q. 20, a. 4, ad 1).

    «Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della maestà nell’alto dei cieli, ed è diventato tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato» (Eb 1,3-4).


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