27 dicembre 2022

G. K. Chesterton, Ortodossia (1)

 

G. K. CHESTERTON

 quando lo squilibrio era il contrario dell'equilibrio


    «Sentivo che un forte argomento contro il Cristianesimo consisteva nell'accusa che ci fosse qualche cosa di timido, di pretesco, di non-virile in tutto ciò che si chiama "cristiano", specialmente nel suo atteggiamento riguardo alla resistenza e alla lotta. [...] 

    Queste cose che avevo letto le credevo e, se non avessi letto altro, avrei continuato a crederci. Ma lessi qualcosa di molto diverso: voltai la pagina del mio manuale agnostico e anche il cervello si capovolse.

    Ora scoprivo che bisogna odiare il cristianesimo non perché è troppo poco battagliero, ma perché lo è troppo: il Cristianesimo (a quanto pareva) era la madre delle guerre; il Cristianesimo aveva sommerso il mondo con il sangue. Ero arrabbiato coi cristiani perché non erano stati mai arrabbiati; ora mi si diceva di essere in collera con loro perché la loro collera era stata la più enorme e orribile cosa della storia umana; questa collera aveva inondato la terra e oscurato il sole. Quelli che rimproveravano al Cristianesimo la mansuetudine e la non-resistenza dei monasteri erano gli stessi che gli rimproveravano anche la violenza e il valore guerresco dei crociati. In un modo o nell'altro, era colpa del povero cristianesimo se Edoardo il Confessore non aveva combattuto e Riccardo Cuor di Leone lo aveva fatto. [...] Che poteva significare tutto questo? Che cosa era questo Cristianesimo che sempre vietava la guerra e sempre generava nuove guerre? [...] La forma del Cristianesimo diventava più bizzarra ad ogni istante». [...]

    Sembrava non tanto che il Cristianesimo fosse così malvagio da riunire in sé tutti i vizi, quanto piuttosto che ogni bastone fosse buono per bastonare il Cristianesimo. [...]

    Io volli essere onesto allora, come voglio esser onesto ora; perciò non conclusi che l'attacco al Cristianesimo fosse infondato. Conclusi soltanto che se il Cristianesimo era sbagliato, era davvero molto sbagliato. Tante ostili ripugnanze possono concentrarsi su di una cosa, ma dev'essere una cosa veramente strana e originale. [...]

    Una istituzione storica che non è mai andata diritta è certo altrettanto miracolosa che un'istituzione che non possa andare storta. La sola spiegazione che mi si presentava subito alla mente era che il Cristianesimo non venisse dal cielo ma dall'inferno. In realtà, se Gesù di Nazareth non era il Cristo, doveva essere l'Anticristo. E poi, in un momento di tranquillità, uno strano pensiero mi colpì come un fulmine a ciel sereno. S'era improvvisamente presentata al mio spirito un'altra spiegazione. [...]

    Insomma, questa cosa straordinaria non sarebbe che la cosa ordinaria: la cosa normale, il centro; tutto sommato, il cristianesimo sarebbe sano e tutti i suoi critici sarebbero pazzi, in vari modi. [...]

    Nondimeno, lo sentivo bene, non poteva essere del tutto vero che il Cristianesimo fosse semplicemente sensato e stesse nel mezzo. C'era realmente in esso un elemento di enfasi e anche di frenesia che giustificava le superficiali critiche degli anticlericali.

    Poteva essere saggio, io cominciavo a crederlo sempre di più, ma non di una saggezza come la intende il mondo: non era soltanto temperato e rispettabile. [...] Allora s'aprì la parte più difficile e più interessante del processo mentale, e cominciai a seguire oscuramente questa idea attraverso i concetti enormi della nostra teologia. L'idea era quella che ho accennato parlando dell'ottimista e del pessimista: che non vogliamo un amalgama o un compromesso, ma entrambe le cose al massimo della loro energia, amore ed ira entrambi brucianti. [...] La teologia ortodossa ha specialmente insistito su questo: che Cristo non è un essere diverso da Dio e dall'uomo, come un elfo, e nemmeno mezzo umano e mezzo no, come un centauro, ma tutte e due le cose insieme e tutte e due per intero, vero uomo e vero Dio. Ed ora permettetemi di delineare questa nozione, così come l'ho scoperta.

    Tutti gli uomini sani vedono che la salute è una forma di equilibrio: uno può esser pazzo e mangiare troppo, oppure essere pazzo e mangiare troppo poco. Alcuni moderni, in realtà, sono venuti fuori con vaghe idee di progresso e di evoluzione che tenderebbero a distruggere il meson o equilibrio aristotelico. Sembrano suggerire che noi dovremmo digiunare progressivamente, o continuare per sempre a mangiare colazioni sempre più abbondanti tutte le mattine. Ma la grande, lampante verità del meson resta in piedi per tutti gli uomini pensanti, e quella gente non ha sovvertito altro equilibrio, tranne il proprio. Dato per scontato che tutti dobbiamo conservare un equilibrio, quello che interessa è la questione del come questo equilibrio possa esser mantenuto. Questo è il problema che il paganesimo tentò di risolvere. Questo è il problema che io penso sia stato risolto, e risolto in modo stranissimo, dal cristianesimo. [...]

    Prendiamo l'esempio della modestia, dell'equilibrio fra il puro orgoglio e la pura prostrazione. Il pagano medio, come l'agnostico medio, direbbe che è contento di sé, ma non insolentemente compiaciuto, nel vedere che ci sono molti migliori e molti peggiori di lui, che i suoi meriti sono limitati, ma che gli pare di averne anch'egli. Insomma, camminerebbe con la testa alta; ma non necessariamente col naso all'insù. 

    [... Ora,] la miscela di due cose è una diluizione delle due cose: nessuna delle due è presente nella sua piena forza né contribuisce con tutto il suo colore. Questo cauto orgoglio non solleva il cuore come la lingua delle trombe; non potete per esso andare vestiti d'oro e di cremisi. D'altro canto la blanda modestia razionalista non purifica l'anima col fuoco e non la rende chiara come il cristallo; non rende un uomo, come la stretta e pungente umiltà, piccolo come un fanciullo, che possa sedersi ai piedi dell'erba. Non gli fa alzare lo sguardo e vedere meraviglie. Così vanno perse sia la poesia della fierezza, sia la poesia dell'umiltà. Il cristianesimo ha cercato, con questo strano espediente, di salvarle entrambe.

    Separò le due idee e le esagerò entrambe. Per un verso l'uomo doveva essere più orgoglioso di quanto fosse mai stato prima; per un altro doveva essere più umile di quanto mai fosse stato. In quanto Uomo, sono la prima delle creature; in quanto uomo, sono il primo dei peccatori. Ogni umiltà che significasse pessimismo, che significasse una visione incerta o meschina del suo destino, doveva essere abbandonata. [...] Allo stesso tempo avrebbe coltivato l'idea dell'abietta piccolezza dell'uomo. [...]

    La Chiesa era precisa su tutti e due i punti: non si poteva presumere troppo poco di sé, non si poteva stimare troppo la propria anima. [...]

    Il vero problema è: Può il leone giacere con l'agnello e conservare ancora la sua regale ferocia? Questo è il problema che la Chiesa ha tentato di risolvere; questo il miracolo che ha raggiunto. [...]

    Quelli che dicono che il Cristianesimo ha scoperto la misericordia, lo sottovalutano. Chiunque potrebbe scoprire la misericordia: in effetti l'hanno scoperta tutti. Ma scoprire il modo di essere pietosi e anche severi, ciò significa scoprire una strana necessità della natura umana: nessuno pretende di essere perdonato per un peccato grosso come se fosse piccolo. [...] Chiunque può dire: "Né essere spavaldi né umiliarsi", e sarebbe un limite; ma il dire: "Qui potete essere spavaldi e qui potete umiliarvi" è stata un'emancipazione. 

    Questa è stato il fatto importante dell'etica cristiana: la scoperta del nuovo equilibrio. [...]

    Infine (e cosa più importante di tutte) questo fatto spiega quel che della storia del Cristianesimo resta inesplicabile a tutti i critici moderni. Voglio dire le mostruose guerre intorno a minuscole questioni di teologia, i terremoti di emozione per un gesto o per una parola. C'era la differenza di un centimetro, ma un centimetro è tutto quando si tratta di raggiungere un equilibrio.

    La Chiesa non può sgarrare di un capello se deve continuare il suo grande e audace esperimento di irregolare equilibrio. Una volta lasciato che una idea perda di potenza, un'altra idea diventerà troppo potente. Non è un gregge di pecore che il pastore cristiano deve guidare, ma una mandria di tori e di tigri, di ideali terribili e di dottrine divoranti, ognuna abbastanza forte per trasformarsi in una falsa religione e devastare il mondo. Ricordiamo che la Chiesa si affermò in particolare per le sue idee pericolose: fu una domatrice di leoni.

    L'idea della nascita dallo Spirito Santo, della morte di un Essere divino, del perdono dei peccati, dell'adempimento delle profezie, sono tutte idee che, come può vedere chiunque, al minimo tocco potrebbero trasformarsi in qualche cosa di blasfemo e di feroce. [...] Ma di questi bilanciamenti teologici parlerò più avanti; qui è sufficiente notare che se qualche piccolo errore fosse stato commesso nella dottrina, enormi ne sarebbero state le conseguenze sull'umana felicità.

    Una frase malamente formulata sulla natura del simbolismo avrebbe infranto tutte le più belle statue d'Europa. Una svista nelle definizioni poteva arrestare tutte le danze, poteva far avvizzire tutti gli alberi di Natale e rompere tutte le uova di Pasqua. Le dottrine devono essere definite entro limiti rigorosi, anche perché l'uomo possa godere delle generali libertà umane. La Chiesa deve usare tutte le cure, se si vuole che il mondo possa essere noncurante.

    Questo è l'eccitante romanzo dell'ortodossia. Taluni hanno preso la stupida abitudine di parlare dell'ortodossia come di qualcosa di pesante, di monotono e di sicuro. Non c'è, invece, niente di così pericoloso e di così emozionante come l'ortodossia.

    L'ortodossia è la saggezza, e l'esser saggi è più drammatico che l'esser pazzi. È l'equilibrio di un uomo che, dietro cavalli in folle corsa, pare si chini da una parte, sbandi da quell'altra, eppure, in ogni atteggiamento, conserva la grazia della statuaria e la precisione dell'aritmetica. La Chiesa, nei primi giorni, fu superba e veloce come un cavallo da guerra; ma è assolutamente antistorico dire che essa si limitò a perseguire furiosamente una sola idea, come un volgare fanatismo. Essa deviò a destra e a sinistra con tanta esattezza da evitare enormi ostacoli. Lasciò da un lato la grande mole dell'arianesimo, sostenuto da tutti i poteri del mondo che volevano rendere il Cristianesimo troppo mondano. Un momento dopo scartò per evitare la tendenza orientale, che l'avrebbe troppo allontanato dal mondo. [...]

    È facile esser pazzi; è facile essere eretici; è sempre facile lasciare che i tempi facciano di testa loro, difficile è conservare la propria testa. È sempre facile essere modernisti, come è facile essere uno snob. Cadere in uno dei tanti trabocchetti dell'errore e dell'eccesso, che, da una moda all'altra, da una setta all'altra, sono stati aperti lungo il cammino storico del Cristianesimo sarebbe stato semplice. È sempre semplice cadere; c'è un'infinità di angoli secondo cui si può cadere, c'è n'è uno soltanto sul quale restare in piedi. Perdersi in un qualunque capriccio, dallo Gnosticismo alla Christian Science, sarebbe stato ovvio e banale. Ma averli evitati tutti è una vorticosa avventura; e nella mia visione, il carro celeste vola sfolgorante attraverso i secoli, mentre le opache eresie sono disfatte e prostrate, e la fiera verità oscilla ma resta in piedi».



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