24 ottobre 2022

Poema dell'uomo-Dio: Apostoli 1

 

GLI APOSTOLI

(prima parte) 


    Dalla Scrittura sappiamo degli Apostoli ciò che c’è da sapere. Nel Poema dell’uomo-Dio la Valtorta aggiunge all’essenziale delle pennellate che fanno assumere alle loro personalità dei contorni meglio definiti capaci di stimolare interessanti riflessioni.

    Una sintesi dei Dodici la offre la Madonna poco prima del suo transito al Cielo:

649. «Dio è Amore. Ogni sua azione è stata azione d’amore. Dalla creazione all’Incarnazione. Da questa alla Redenzione. Da questa ancora alla fondazione della Chiesa. E infine da questa alla Gerusalemme celeste, che raccoglierà tutti i giusti perché giubilino nel Signore.
    Le dico a te, queste cose, perché tu sei l’Apostolo dell’amore e le puoi capire meglio degli altri...». Giovanni l’interrompe dicendo: «Anche gli altri amano e si amano».


«Sì. Ma tu sei l’Amante per eccellenza. Ognun di voi ebbe sempre una sua caratteristica, come del resto lo è di ogni creatura. Tu, nei dodici, fosti sempre l’amore, il puro e soprannaturale amore. Forse, anzi, certamente perché sei così puro, sei così amante. Pietro, invece, fu sempre l’uomo, e l’uomo schietto e impetuoso. Suo fratello, Andrea, fu il silenzioso e timido quanto l’altro non lo era. Giacomo, tuo fratello, l’impulsivo, tanto che Gesù lo disse figlio del tuono. L’altro Giacomo, fratello di Gesù, il giusto ed eroico. Giuda d’Alfeo, suo fratello, il nobile e leale, sempre. La discendenza di Davide era palese in lui. Filippo e Bartolomeo erano i tradizionalisti. Simone Zelote il prudente. Tommaso il pacifico. Matteo l’umile che, memore del suo passato, cercava di passare inosservato. E Giuda di Keriot, ahimé!, la pecora nera del gregge di Cristo, il serpe scaldato dal suo amore, fu il satanico menzognero, sempre. Ma tu, tutto amore, puoi capire meglio e farti voce d’amore agli altri tutti, ai lontani, per dire ad essi questo mio ultimo consiglio. Dirai loro che si amino e amino tutti, anche i loro persecutori, per essere una sol cosa con Dio, come io lo fui, al punto da meritare di essere eletta sposa dell’Amore eterno perché concepissi il Cristo.

    Prima di lei anche Gesù ci offre una pennellata su ciascuno di loro.

119. [Gesù dice:] «Se Io dovessi fare tutto, non potrei. Voi battezzerete. Prima uno per volta, poi sarete in due, tre, in molti. E Io predicherò e guarirò i malati e i colpevoli».
«Noi battezzare? Oh! io non ne sono degno! Levami, Signore, questa missione! Ho bisogno io d’essere battezzato!». Pietro è in ginocchio e supplica.
Ma Gesù si china e dice: «Proprio tu battezzerai per il primo. Da domani».


«No, Signore! Come faccio se sono più nero di quel camino?».


Gesù sorride della sincerità umile dell’apostolo in ginocchio contro le sue ginocchia, sulle quali tiene congiunte le sue grosse mani di pescatore. E poi lo bacia sulla fronte, al limite dei capelli brizzolati e ruvidi nel loro arricciolarsi: «Ecco. Ti battezzo con un bacio. Sei contento?».
«Farei subito un altro peccato per averne un altro!».


«Questo no. Non si irride Dio abusando dei suoi doni».


«E a me non dai un bacio? Qualche peccato l’ho anche io», dice l’Iscariota.


Gesù lo guarda fissamente. Il suo occhio tanto mutevole passa dalla luce di letizia, che lo faceva chiaro mentre parlava con Pietro, ad una cupezza severa e direi stanca, e dice: «Sì... anche a te. Vieni. Io non ho ingiustizia con nessuno. Sii buono, Giuda. Se tu volessi!... Sei giovane. Tutta una vita per salire sempre, fino alla perfezione della santità...». E lo bacia.
Ora tu, Simone, amico mio. E tu, Matteo, mia vittoria. E tu, saggio Bartolmai. E tu, Filippo fedele. E tu, Tommaso dall’ilare volontà. Vieni, Andrea dal silenzio attivo. E tu, Giacomo del primo incontro. Ed ora tu, gioia del Maestro tuo. E tu, Giuda, compagno di fanciullezza e di gioventù. E tu, Giacomo, che mi richiami il Giusto nell’aspetto e nel cuore. Ecco, tutti, tutti... Ma ricordate che il mio amore è molto, ma ci vuole anche la vostra buona volontà.

 

    Ma vediamoli uno per uno:
 

    PIETRO, chiamato originariamente Simone di Giona, poi anche Simon Pietro. È di Betsaida come Andrea, Giacomo Maggiore, Giovanni, Filippo, Bartolomeo. Se in questo post non ci soffermiamo su di lui è perché preferiamo soffermarci sugli Apostoli meno conosciuti e non certo perché manchino nel Poema dell’uomo-Dio brani interessanti. Aggiungiamo soltanto che è sposato con una buonissima donna riservata, Porfirea, ma non ha figli, con suo grande dispiacere.

    Riportiamo qui un episodio dove Gesù indica Pietro come modello:

498. «Voi dunque cercate di divenire altri Me. E non abbiate frette. L’uomo si evolve lentamente da animale ragionevole in essere spirituale. Compatitevi, compatitevi! Nessuno, tolto Dio, è perfetto.
E ora tutto è passato, non è vero? Trasformatevi con ferma volontà imitando Simone di Giona, che in meno di un anno ha fatto passi di gigante. Eppure... Chi era uomo fra voi più uomo di Simone con tutte le mende di un’umanità molto materiale?».
«È vero, Gesù. È il mio studio continuo quell’uomo. E la mia ammirazione», confessa il Taddeo.

«Sì. Io sono con lui dalla fanciullezza. Lo conosco come mi fosse un fratello. Ma ora ho di fronte un Simone nuovo. Ti confesso che quando dicesti che era il nostro capo, io, e non io solo, sono rimasto perplesso. Mi pareva il meno indicato di tutti. Simone rispetto all’altro Simone e a Natanaele! Simone rispetto a mio fratello e ai tuoi fratelli! Soprattutto a questi cinque! Mi sembrava proprio un errore... Adesso dico che Tu avevi ragione».
«E voi non vedete che la superficie di Simone! Ma Io ne vedo il profondo. Per essere perfetto ha ancora molto da fare e da patire. Ma in tutti vorrei la sua buona volontà, la sua semplicità, la sua umiltà e il suo amore...».

 

    GIOVANNI di Zebedeo (e Maria Salome), già discepolo del Battista. È il discepolo prediletto di Gesù: umile, puro e pieno di amore. Essendo anche lui piuttosto conosciuto, qui possono bastare gli elogi a lui rivolti da Maria e Gesù che sopra abbiamo riportato.

 

    GIACOMO di Zebedeo (e Maria Salome), già discepolo del Battista. È il fratello maggiore di Giovanni e insieme al fratello e a Pietro sono i tre Apostoli che Gesù sceglie di portare con sé alla casa di Giairo dove risuscita la figlia, al monte della trasfigurazione e al Getsèmani.

    In un episodio in cui Giuda di Keriot insiste nel volere che Gesù segua il suo consiglio, così il "figlio del tuono" riprende l’Iscariota:

498. «Ma vuoi proprio andare per questa via? Non mi pare prudente per molte ragioni...», obbietta l’Iscariota.

«Quali? Non sono forse venuti a Me, sino a Cafarnao, uomini di questi paesi, cercando salute e sapienza? Non sono anche essi creature di Dio?».

«Sì... Ma... Non è prudente per Te andare troppo vicino a Macheronte... È un luogo infausto ai nemici di Erode».

«Macheronte è lontana. E non ho tempo di andare sin là. Vorrei andare fino a Petra ed oltre... Ma non giungerò che a mezza via e meno ancora. Ad ogni modo andiamo...».
«Giuseppe ti ha consigliato...».
«Di stare su vie sorvegliate. Questa è appunto la via d’Oltre Giordano che i romani vigilano fortemente. Non sono vile, Giuda, e neppure imprudente».

«Io non mi fiderei. Io non mi allontanerei da Gerusalemme. Io...».
«Ma lascialo fare, il Maestro. Lui è il Maestro e noi i suoi discepoli. Quando mai si è visto che è il discepolo a consigliare il Maestro?», dice Giacomo di Zebedeo.


    ANDREA, fratello di Simon Pietro. Mite, timido e taciturno, lavora nel silenzio senza mai apparire. Sensibile, discreto, si preoccupa di portare a Gesù persone che vede in difficoltà.

    Riportiamo alcuni brevi episodi che mostrano anche quanto siano diversi i fratelli Pietro e Andrea.

49. [Pietro dice a Gesù:] «Io verrò a udirti ancora. Voglio esser tuo discepolo. Un poco di luce entrerà nella mia testa».

«Nel cuore soprattutto, Simone. Nel cuore. E tu, Andrea, non parli?».
«Ascolto, Maestro».


«Mio fratello è timido».

«Diverrà un leone. La sera scende. Dio vi benedica e vi dia buona pesca. Andate».

«La pace a Te». Se ne vanno.

58. [Gesù dice a Pietro:] Sta’ sicuro, Pietro, del mio amore».

Pietro prende la mano di Gesù e la bacia. È commosso.

Andrea guarda e non osa. Ma Gesù gli pone la mano fra i capelli e dice: «Anche te amo molto. Nell’ora della tua aurora vedrai riflesso sulla volta del cielo, lo vedrai senza dover alzare gli occhi, il tuo Gesù che ti sorriderà per dirti: “T’amo. Vieni”, e il passaggio nell’aurora ti sarà più dolce che entrata in camera nuziale…».

101. [Gesù dice a sua madre:] nel mondo non tutti sono angeli e non tutti sono della tempra di Pietro e Andrea.

104. Rientra Andrea, che pare uscito per qualche incombenza perché ha anche delle pagnotte fra le mani. Si accosta tutto rosso, perché attirare su lui l’attenzione deve essere un vero supplizio, e, più che dire, mormora: «Maestro, potresti venire con me? Vi... vi sarebbe da fare un poco di bene. Tu solo puoi».

Gesù si alza senza neppure chiedere cosa è questo bene.

    Ma Pietro chiede: «Dove lo porti? È stanco tanto. È ora di cena. Lo possono aspettare anche domani».

«No... è da fare subito. È...».

«Ma parla, gazzella spaurita! Ma guardate se un uomo grande e grosso deve essere così!... Mi pare un pesciolino impigliato nella rete!».

Andrea diventa ancor più rosso. Gesù lo difende coll’attirarlo a Sé: «A Me piace così. Lascialo fare. Tuo fratello è come un’acqua salutare. Lavora nel profondo e senza rumore, esce come un filo dalla terra, ma chi l’accosta è guarito. Andiamo, Andrea».

«Vengo anche io! Voglio vedere dove ti porta», ribatte Pietro.


Andrea supplica: «No, Maestro. Io e Te soli. Se c’è gente non si può... È cosa di cuori...».


«Che c’è? Ora fai il paraninfo?».


Andrea non risponde al fratello. Dice a Gesù: «Un uomo vuole ripudiare una sposa e... e io ho parlato.

Ma non sono buono. Ma se parli Tu... oh! ti riesce, perché l’uomo non è malvagio. È... è... te lo dirà lui». Gesù esce con Andrea senza dire altro.


Pietro resta un poco incerto, poi dice: «Ma io vado. Voglio almeno vedere dove vanno». Ed esce, nonostante gli altri gli dicano di non farlo.


Andrea sta per svoltare da una vietta popolana. E Pietro dietro. Rigira per una piazzetta piena di comari.

E Pietro dietro. Si infila in un portone che dà in un ampio cortile cinto da casette basse e povere. Dico portone perché c’è un arco. Ma la porta non c’è. E Pietro dietro. Gesù entra in una di queste casette con Andrea. Pietro si apposta lì fuori.

Una donna lo vede e l’interroga: «Sei parente di Aava? E quei due anche? Siete venuti a riprenderla?». «Taci, gallina! Non devo esser visto».


Far tacere una donna! È cosa difficile. E, posto che Pietro la fulmina con gli occhiacci, lei va a parlare ad altre comari. Il povero Pietro è in un momento circondato da un cerchio di donne, ragazzi e anche uomini che, solo per imporsi a vicenda silenzio, fanno un rumore che denuncia la loro presenza. Pietro si rode di stizza... ma non giova.

    Dall’interno viene la voce piena, bella, pacata di Gesù, insieme a quella spezzata di una donna e ad una chiusa, roca, di uomo.

«Se fu sempre buona sposa, perché ripudiarla? Ti ha mai mancato?».


«No, Maestro, te lo giuro! L’ho amato come la pupilla del mio occhio», geme la donna.


E l’uomo, breve e duro: «No. Non mi ha mancato altro che nell’essere sterile. Ed io voglio figli. Non voglio la maledizione di Dio sul mio nome».


«Non ne ha colpa tua moglie di esser tale».


«Me ne fa colpa. A me e ai miei, come di un tradimento...».


«Donna, sii sincera. Sapevi d’esser tale?».


«No. Ero e sono in tutto come tutte. Anche il medico l’ha detto. Ma non riesco ad avere figli». «Lo vedi che non ti ha tradito. Anche lei soffre di questo.


Rispondi tu pure sinceramente: se ella fosse madre, la ripudieresti?».


«No. Lo giuro. Non ne ho motivo. Ma il rabbino l’ha detto, e l’ha detto lo scriba: “La sterile è la maledizione di Dio nella casa e tu hai diritto e dovere di darle libello di divorzio e non affliggere la tua virilità privandola di figli”.

    Io faccio ciò che la Legge dice».

«No. Ascolta. La Legge dice: “Non commettere adulterio” e tu stai per commetterlo. Il comandamento iniziale è questo e non altro. E se, per la durezza dei vostri cuori, Mosè concesse il divorzio, ciò fu per impedire tresche e concubinati odiosi a Dio. Poi sempre più il vostro vizio lavorò sulla clausola di Mosè, ottenendo le malvagie catene e le omicide pietre che sono le condizioni attuali della donna, vittima sempre del vostro prepotere, del vostro capriccio, della vostra sordità e cecità di affetti. Io te lo dico: non ti è lecito fare ciò che vuoi fare. È offesa a Dio il tuo atto. Abramo ripudiò forse Sarai? E Giacobbe, Rachele? Ed Elcana, Anna? E Manue, la sposa? Conosci il Battezzatore? Sì? Ebbene, sua madre non fu sterile sino alla vecchiezza e poi partorì il santo di Dio, così come la sposa di Manue partorì Sansone, ed Anna d’Elcana Samuele, e Rachele Giuseppe, e Sarai Isacco? Alla continenza dello sposo, alla sua pietà per la sterile, alla sua fedeltà alle nozze, Dio concede premio, e premio celebrato nei secoli, così come dà sorriso al pianto delle sterili, non più sterili, né avvilite, ma gloriose nel tripudio d’esser madri. Non ti è lecito offendere l’amore di costei. Sii giusto ed onesto. Dio ti premierà oltre il tuo merito».

«Maestro, Tu solo parli così... Io non sapevo. Avevo chiesto ai dottori e mi avevano detto: “Fàllo”. Ma non una parola per dirmi che Dio premia con doni un atto buono. Siamo in mano loro... e ci chiudono gli occhi e il cuore con una mano di ferro.
Non sono cattivo, Maestro. Non ti sdegnare con me».
«Non ti sdegno. Mi fai pietà ancor più di questa donna piangente. Perché il suo dolore avrà fine con la vita. Il tuo comincerà allora, e per l’eternità. Pensaci».
«No, che non comincerà. Non lo voglio. Mi giuri sul Dio di Abramo che quanto Tu dici è verità?».


«Io sono Verità e Scienza. Chi crede in Me avrà in Lui giustizia, sapienza, amore e pace».


«Io ti voglio credere. Sì, ti voglio credere. Sento in Te qualche cosa che non è negli altri. Ecco. Ora vado dal sacerdote e gli dico: “Non la ripudio più. La tengo, e chiedo solo a Dio che mi aiuti a sentire meno il dolore di essere senza figli”. Aava, non piangere. Diremo al Maestro di venire ancora per tenermi buono, e tu... continua a volermi bene».
La donna piange più forte per il contrasto dal dolore di prima alla gioia attuale.


Gesù sorride, invece. «Non piangere. Guardami. Guardami, donna».


Ella alza il capo. Lo guarda nel volto luminoso col suo volto lacrimoso.


«Vieni qui, uomo. Mettiti in ginocchio presso la sposa. Ora Io vi benedico e santifico la vostra unione.
Udite: “Signore Dio dei padri nostri, che dal fango facesti Adamo e gli desti a compagna Eva perché ti popolassero di uomini la Terra allevandoli nel tuo santo timore, scendi con la tua benedizione e la tua misericordia, apri e feconda le viscere che il Nemico teneva chiuse per portare ad un duplice peccato di adulterio e di disperazione. Abbi pietà di questi due figli, Padre santo, Creatore supremo. Fàlli felici e santi. Ella feconda come una vigna, egli protettore come l’olmo che la regge. Scendi, o Vita, a dar vita. Scendi, o Fuoco, a scaldare. Scendi, o Potente, ad operare. Scendi! Fa’ che, per la festa di lode per le feconde messi del veniente anno, essi ti offrano il loro vivo manipolo, il loro primogenito, figlio sacro a Te Eterno che benedici coloro che in Te sperano”». Gesù ha pregato con voce di tuono, a mani tese sulle due teste chine.
    La gente non si trattiene più e si assiepa, Pietro in prima linea. «Alzatevi. Abbiate fede e siate santi».


«Oh! resta, Maestro!», pregano i due riconciliati.


«Non posso. Tornerò. Più e più volte».
«Resta, resta. Parla anche a noi!», grida la folla.
Ma Gesù benedice e non si ferma. Promette solo di tornare presto. E, seguito da una piccola folla, va alla sua casa ospitale.
«Uomo curioso, che ti dovrei fare?», chiede per via a Pietro.


«Quello che vuoi. Ma intanto io c’ero...».


Entrano nella casa, congedano il popolo che commenta le parole udite, e si pongono a cena.


Pietro è ancora curioso. «Maestro, ma il figlio ci sarà proprio?».


«Mi hai mai visto promettere cose che non si avverano? Ti pare che Io mi permetta di usare la fiducia nel Padre per mentire e deludere?».


«No... ma... A tutti gli sposi potresti fare così?».


«Potrei. Ma lo faccio solo dove vedo che un figlio può essere spinta alla santificazione. Dove sarebbe ostacolo non lo faccio».


Pietro si arruffa i capelli brizzolati e tace.


    FILIPPO è sposato con Maria e ha due figlie giovinette che, una dopo l’altra, si consacreranno. È anziano e molto amico del vecchio Natanaele, chiamato più spesso Bartolomeo. A parlargli di Gesù è l’amico Andrea, che sa quanto grande sia la sua attesa del Messia. Gesù stesso dice poi a Filippo di andare a chiamare il suo grande amico Natanaele Bartolomeo.

    A proposito della sua amicizia con quest’ultimo: 

208. «Con me, allora, il ragazzo», dice Pietro lasciando Giacomo di Zebedeo, che senza proteste va con Tommaso, mentre lo Zelote va con Giuda Taddeo, Giacomo di Alfeo con Matteo, e i due inseparabili Filippo e Bartolomeo per conto loro. Il bambino resta con Gesù e con le Marie. 

240. Quando stanno per giungere, Gesù dice a Bartolomeo e all’inseparabile Filippo: «Andrete ad avvisare le vostre donne. Oggi verrò in casa vostra». E fissa i due in maniera eloquente.
«Sarà fatto, Maestro. Non concedi né a me né a Filippo di averti?».
«Non ci tratteniamo che fino al tramonto e non voglio privare Simon Pietro della gioia di godersi Marziam».
La barca striscia sulla riva e si ferma. Scendono, e Filippo e Bartolomeo si staccano dai compagni per andare in paese.

449. Gesù resta con lo Zelote, i cugini, Matteo, l’Iscariota, Tommaso e gli inseparabili Filippo e Bartolomeo, che preparano le loro sacche ed empiono le borracce, ripongono pani, frutta, tutto quanto occorre.  

    Ad essere amiche sono anche le loro mogli:

338. Bartolomeo dice: «Anche mia moglie colle figlie vuole venire quest'anno, dopo tanti anni, a Gerusalemme. Dice che mai più sarà bello come quest'anno... Non so perché lo dica. Ma ella sostiene che se lo sente in cuore».
«Certo allora verrà anche la mia. Non me l'ha detto... Ma ciò che fa Anna fa sempre anche Maria», dice Filippo.


    NATANAELE-BARTOLOMEO è anch’egli sposato e sua moglie si chiama Anna ed ha figlie. È vecchio, magro e colto, oltre che molto amico di Filippo.
    Riportiamo qui l’episodio del suo ricongiungimento con il Maestro dopo che questi lo ha di fatto allontanato per il suo essere ancora “troppo israelita” e perciò non favorevole ad avere contatti con i gentili.

332. Giovanni ad un certo momento va a sedersi sul davanzale in cerca di sole. È così che vede per primo gli attesi Pietro, Simone, Filippo e Bartolomeo dirigersi verso la casa. Dà loro la voce e poi corre fuori, seguito da tutti. Resta soltanto Gesù che, per tutto movimento, si alza in piedi e si volta a guardare verso la porta...
Entrano gli arrivati. E l’esuberanza di Pietro è facile immaginarsela, così come è facile immaginare la reverenza profonda di Simone Zelote. Quello che è sorpresa è l’atteggiamento di Filippo e specie di Bartolomeo. Entrano, direi, quasi con timore, con affanno e, nonostante Gesù apra a loro le braccia per scambiare con essi il bacio di pace già dato a Pietro e a Simone, essi cadono in ginocchio e si curvano con la fronte sino al suolo, baciando i piedi di Gesù, e restano così... e i sospiri soffocati di Bartolomeo denunciano che egli piange silenziosamente sui piedi di Gesù.
«Perché questo affanno, Bartolmai? Non vieni nelle braccia del Maestro? E tu, Filippo, perché così timoroso? Se non sapessi che siete due onesti, nel cui cuore non può albergare malizia, dovrei sospettare che siete colpevoli. Ma così non è. Su, dunque! È tanto che desidero il vostro bacio e di vedere lo sguardo limpido dei vostri occhi fedeli...».
«Anche noi, Signore...», dice Bartolomeo alzando il volto su cui splendono le lacrime. «Non abbiamo desiderato che Te, chiedendoci in che potevamo averti dispiaciuto per meritare di stare tanto separati. E ci pareva ingiusta cosa... Ma ora sappiamo... Oh! perdono, Signore! Ti chiediamo perdono. Io soprattutto, perché Filippo è stato separato da Te per me. E a lui già l’ho chiesto. Io, io solo colpevole, io, il vecchio israelita duro a rinnovarsi, io che ti ho dato dolore...».
Gesù si china e lo alza a forza, come alza Filippo, e se li abbraccia insieme dicendo: «Ma di che ti accusi? Tu non hai fatto del male. Nessun male! E non Filippo. Siete i miei cari apostoli, ed oggi Io sono ben felice di avervi con Me, riuniti per sempre...».
«No, no...
    Per molto tempo abbiamo ignorato il motivo per cui giustamente Tu hai diffidato di noi al punto da escluderci dalla tua famiglia apostolica. Ma ora lo sappiamo... e ti chiediamo perdono, perdono, perdono, io in specie, Gesù, Maestro mio...». E Bartolomeo lo guarda con ansia, con amore, con compassione. Vecchio come è, sembra un padre che guarda il figlio afflitto, che ne scruta il volto assottigliato da una pena che egli non aveva intuita, e del quale volto non aveva prima notato lo smagrimento, l’invecchiamento... E nuove lacrime gocciano sulle guance di Bartolomeo. Ed esclama: «Ma che ti hanno fatto? Che ci hanno fatto, per farci soffrire tutti così? Sembra che un malo spirito sia entrato fra noi per turbarci, per renderci tristi, indeboliti, apatici, stolti... Stolti tanto da non capire che Tu soffrivi... Anzi, tanto da aumentarti il soffrire con le nostre grettezze, ottusità, rispetti umani e vecchiaia di umanità... Sì, l’uomo vecchio ha trionfato in noi, sempre, senza che la tua vitalità perfetta ci abbia mai potuto rinnovare. È questo, questo che non mi dà pace! Con tutto il mio amore io non ho saputo rinnovarmi, e capirti, e seguirti... Solo materialmente ti ho seguito... Ma Tu, Tu volevi che ti seguissimo spiritualmente... e capissimo nella tua perfezione... per divenire capaci di perpetuarti... Oh! Maestro mio! Maestro mio che te ne andrai un giorno, dopo tante lotte, insidie, disgusti, dolori, e col dolore di saperci ancora impreparati!...». E Bartolomeo gli reclina la testa sulla spalla e piange, proprio desolato, contrito dalla conoscenza di essere stato un discepolo ottuso.
«Non ti accasciare, Natanaele. Tu vedi tutto ciò come un’enormità che ti sorprende. Ma il tuo Gesù sapeva che voi siete uomini... e non pretende nulla di più di quanto possiate dare. Oh! mi darete tutto. Proprio tutto. Ma ora dovete crescere, formarvi... È opera lenta. Ma Io so attendere. Ed Io gioisco del vostro crescere. Perché questo è un crescere continuo nella mia Vita. Anche il tuo pianto, anche la concordia di quelli che erano con Me, anche la pietà che succede a durezze che erano la vostra natura, ad egoismi, ad avarizie di spirito, anche la vostra serietà attuale, tutto è fase di crescita in Me. Su, dunque. Sta’ con la pace che Io so. Tutto. La tua onestà, la tua buona fede, la tua generosità, il tuo sincero amore. Dubitare Io del mio saggio Bartolmai e di Filippo, così equilibrato e fedele? Sarebbe fare torto al Padre mio che mi ha concesso di avervi fra i più cari.
 

    La crescita spirituale di Bartolomeo è costante, ma ancora lungi dall’essere compiuta. Poco dopo, infatti, vediamo che Gesù continua ad istruirlo.

333. [Dice Bartolomeo:] «Ma nelle profezie è detto, per simboli, che male avverrà a chi non accoglierà il Messia. Possono mai mentire i Profeti?».


«No, Bartolomeo. E ciò che è detto avverrà. Ma l’Altissimo è tanto, infinitamente buono, che vuole molto più di quanto ora avviene, per punire. Siate buoni anche voi, senza desiderare sempre punizioni sui duri di cuore e di intelletto. Desiderate per loro conversione, non punizione. 

    Il difetto emerge anche più avanti, ma Gesù afferma essere quello il suo unico difetto:  

435. «È una buona fanciulla», dichiara lo Zelote.
«Sì. Vorrei restasse a noi d’Israele. Bartolomeo ha perduto una buona occasione e una gioia col respingerla...», dice Tommaso.
«Bartolomeo è molto ligio alle... formule», lo scusa Filippo. «Il suo unico difetto», osserva Gesù.

 

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