30 gennaio 2024

Vetus ordo

 

 

NOVUS ORDO CONSEGUENZA DELL’ECUMENISMO CONCILIARE

 

    Nella precedente riflessione [qui] abbiamo messo in luce un cambiamento dottrinale che effettivamente è stato introdotto dall’Assise conciliare, vale a dire la sua nefasta idea di allontanarsi dall'evangelico «sì, sì; no, no» (Mt 5,37). Si è così  iniziato a chiamare bene anche ciò che in realtà è male e, siccome il bene è desiderabile, nel postconcilio si è fatto di tutto per avvicinarsi sempre più a tale "bene" costituito dalle comunità protestanti.

    La rivoluzione liturgica del 1969 è dunque il frutto di tale abbaglio dottrinale e costituisce senza dubbio il danno maggiore che è seguito al Concilio. È grazie soprattutto a tale rivoluzione, infatti, che oggi la Chiesa Cattolica versa nelle condizioni pietose che tutti coloro che hanno in qualche modo conservato la fede possono vedere.

    Come ha ben ricordato mons. Viganò: 

    «La questione liturgica è di grande importanza perché nell’azione sacra si compendia la dottrina, la morale, la spiritualità e la disciplina del corpo ecclesiale che la compie».[1] 

    «La liturgia infatti, mediante la quale, specialmente nel divino sacrificio dell’eucaristia, "si attua l'opera della nostra redenzione", contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa» (SC 2).

    Il sacrificio eucaristico è il cuore della Chiesa. Esso è

     «fonte e apice di tutta la vita cristiana» (LG 11).  

   Ora, se il fine del Nemico è distruggere/“uccidere" la Chiesa, quale miglior attacco di quello contro ciò che in sommo grado ne manifesta la genuina natura e consente ai fedeli di esprimerla?

    Tuttavia, come abbiamo visto, è un dato di fatto che nel 2007 la Congregazione per la Dottrina della Fede tale cambiamento ancora non lo vede:

    «Il Concilio Ecumenico Vaticano II - così afferma - né ha voluto cambiare né di fatto ha cambiato tale dottrina, ma ha voluto solo svilupparla, approfondirla ed esporla più ampiamente.

    Proprio questo affermò con estrema chiarezza Giovanni XXIII all’inizio del Concilio[2]. Paolo VI lo ribadì[3] e così si espresse nell’atto di promulgazione della Costituzione Lumen gentium: "E migliore commento sembra non potersi fare che dicendo che questa promulgazione nulla veramente cambia della dottrina tradizionale. Ciò che Cristo volle, vogliamo noi pure. Ciò che era, resta. Ciò che la Chiesa per secoli insegnò, noi insegniamo parimenti. Soltanto ciò che era semplicemente vissuto, ora è espresso; ciò che era incerto, è chiarito; ciò che era meditato, discusso, e in parte controverso, ora giunge a serena formulazione"[4]. I Vescovi ripetutamente manifestarono e vollero attuare questa intenzione[5]».[6]

    In realtà, però, quali che fossero le intenzioni, i fatti dicono l’esatto contrario. Il cambiamento c’è stato e lo sviluppo ecclesiologico post-conciliare, che poco si concilia con quanto insegna a proposito della Chiesa il Concilio di Trento o il Catechismo detto di S. Pio X, ne è la conferma.

    La stessa Messa pre-conciliare è oggi fortemente osteggiata perché veicolerebbe, tra le altre cose, una differente e obsoleta ecclesiologia.[7]

    «In questo - fa ben notare mons. Viganò - Bergoglio ha perfettamente ragione: chi abbraccia il Vaticano II e i suoi sviluppi ereticali non può trovare quegli errori espressi nella liturgia tradizionale, che per la sua chiarezza nella professione della Fede rappresenta una condanna e una negazione della mens che ha concepito il Novus Ordo».[8]

    Bisogna perciò riconoscere che il motu proprio Traditionis custodes di Bergoglio è più coerente dell’ermeneutica della continuità dei papi post-conciliari. Questi ultimi, infatti, si sono cimentati nell’impossibile impresa di abbracciare il Vaticano II rifiutandone però i suoi sviluppi ereticali.
    Di fatto, hanno tentato in tutti i modi di tenere insieme «Cristo e Beliar» (2Cor 6,15) affiancando la verità al suo contrario nell'illusione che bastasse ribadire con forza la prima per rendere "giustificabile" la  seconda.

    Ma così non è e non può essere. Ecco perché, come scrive mons. Viganò, è necessario abbandonare 

    «definitivamente quell’atteggiamento intrinsecamente liberale che ha sinora messo insieme Dio e Mammona, Cristo e Belial, San Pio V e Bergoglio». 

    Una volta che si è compreso che 

    «l’intera frode conciliare si fonda sull’avversione per le verità espresse dalla Messa tridentina, mentre nella narrazione ufficiale la riforma liturgica doveva soltanto renderle più fruibili ai fedeli traducendole», 

    è normale che si torni con decisione a tali verità e al rito che ben le esprime.

    Non può meravigliare, pertanto, il fatto che chi veramente ha riscoperto il tesoro della Messa antica 

    «non è più disposto a rinunciarvi.

    Non è infatti possibile

    «mettere sullo stesso piano la Messa Apostolica e quella inventata da Bugnini».
  
________________________
[1] https://www.marcotosatti.com/2022/09/13/vigano-a-pax-liturgique-vescovi-celebrate-la-messa-di-san-pio-v/

[2] GIOVANNI XXIII, Allocuzione dell’11 ottobre 1962: "…il Concilio…vuole trasmettere pura e integra la dottrina cattolica, senza attenuazioni o travisamenti…Ma nelle circostanze attuali il nostro dovere è che la dottrina cristiana nella sua interezza sia accolta da tutti con rinnovata, serena e tranquilla adesione…E’ necessario che lo spirito cristiano, cattolico e apostolico del mondo intero compia un balzo in avanti, che la medesima dottrina sia conosciuta in modo più ampio e approfondito…Bisogna che questa dottrina certa e immutabile, alla quale è dovuto ossequio fedele, sia esplorata ed esposta nella maniera che l’epoca nostra richiede. Altra è la sostanza del depositum fidei, o le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, ed altro è il modo in cui vengono enunciate, sempre tuttavia con lo stesso senso e significato" : AAS 54 [1962] 791; 792.

[3] Cf. PAOLO VI, Allocuzione del 29 settembre 1963: AAS 55 [1963] 847-852.

[4] PAOLO VI, Allocuzione del 21 novembre 1964: AAS 56 [1964] 1009-1010 (trad. it. in: L’Osservatore Romano, 22 novembre 1964, 3).

[5] Il Concilio ha voluto esprimere l’identità della Chiesa di Cristo con la Chiesa Cattolica. Ciò si trova nelle discussioni sul Decreto Unitatis redintegratio. Lo Schema del Decreto fu proposto in Aula il 23. 9. 1964 con una Relatio (Act Syn III/II 296-344). Ai modi inviati dai vescovi nei mesi seguenti il Segretariato per l’Unità dei Cristiani risponde il 10.11.1964 (Act Syn III/VII 11-49). Da questa Expensio modorum si riportano quattro testi concernenti la prima risposta.

[6] Congregazione per la Dottrina della Fede, Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla Chiesa, 29 giugno 2007.

[7] https://www.dehoniane.it/reviews/96120,%20www.settimananews.it,%202020_2.pdf 

[8] https://www.marcotosatti.com/2022/09/13/vigano-a-pax-liturgique-vescovi-celebrate-la-messa-di-san-pio-v/

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